Guido (Filippo Timi) è un ex agente di polizia che lavora come guardiano all’interno di una ricca villa. Durante uno speed date  incontra la slovena Sonia (Ksenia Rappoport), cameriera in un hotel. Il loro rapporto vive un continuo crescendo ma proprio quando i due stanno per innamorarsi sono coinvolti in una rapina, proprio all’interno della villa sorvegliata da Guido. I malviventi colgono gli amanti sul fatto e freddano Guido con un colpo di pistola. Sangue, paura, lacrime. Immagini che Sonia si porterà dentro continuamente fra il sonno e la veglia. Quando però le immagini di Guido, vivo e reale, iniziano ad ossessionarla anche ad occhi aperti ecco che scatta l’ossessione ed il dubbio: Guido è vivo o morto? 

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Con uno straordinario gioco di luci e ombre scopriamo che Sonia è coinvolta nella rapina, organizzata dal suo compagno e che in realtà la pallottola destinata a Guido ha colpito lei mandandola in coma. 

 

Gli echi e le immagini che l’hanno tormentata sono frutto del coma. Guido, bruciato sia dall’amore sia dalla voglia di vendetta, smascherato l’inganno di Sonia tenta di incastrarla sfruttando le sue amicizie in polizia. Il finale aperto è la giusta conclusione di questo piccolo gioiello made in Italy.

Queste le premesse per La Doppia Ora (2009) di Giuseppe Capotondi, il primo film che Cinenajs consiglia ai suoi lettori. Il primo di una lunga serie, speriamo gradita. Una storia intensa, un noir, che parla italiano. Una bella prova autoriale ed autorevole, un Filippo Timi granitico ed allo stesso tempo accattivante. Una sceneggiatura solida, una fotografia seducente, musica azzeccata e una regia delicata che tratteggia la storia con sontuosi colpi di pennello. Dimostrazione concreta che il cinema di casa nostra può cimentarsi con un certo tipo di plot, misurarsi ampiamente con delle pellicole di genere. Un film che guarda con fare nostalgico, ma pieno di speranza a capolavori come Un borghese piccolo piccolo (1977) o Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), ovviamente con le dovute pinze.

In questi ultimi anni alcuni autori hanno esplorato il “genere” e sperimentato: mi sovvengono titoli (alcuni recenti ed altri no) come Almost Blue (2000) di Alex Infascelli, A.C.A.B. (2012) di Stefano Sollima,  Le Ultime 56 Ore (2010) di Claudio Fragasso, Romanzo Criminale (2005) e Vallanzasca (2012) di Michele Placido. Tutte pellicole che vanno forse a completare, come le tessere di un mosaico, un universo filmico italiano che ovviamente non può esclusivamente ruotare attorno al melodramma facile o alla commedia farcita di “canditi e uvetta” (filoni che, comunque, ci regalano prodotti di tutto rispetto e creati da “artigiani” che conoscono molto bene il mestiere).

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Torniamo al film.

La Doppia Ora seduce sin dalle prime battute. Alcuni comprimari non sono sempre all’altezza ma la pellicola si regge salda intorno a Timi e alla Rappoport, algida e malinconica. E’ un film che vale la pena di vedere e di assaporare come un buon vino da riserva, di quelli che una volta esaurita la scorta sono difficili da ritrovare.

 

Simone Mancuso